NARRATIVA | Collana “Orme di inchiostro”
Io, Minotauro
di Fabio Trapani
Nota biografica
Fabio Trapani è nato a Torino il 14 gennaio del 1975. Poeta e filosofo, vive attualmente a Parigi, dove contempla e compone. Turin petit Paris è la sua prima raccolta di poemi.
Presentazione
In un tempo e in un luogo imprecisato, dove i cieli sono attraversati da strane macchine volanti, le strade popolate da bambini randagi in cerca d’amore e dove le notti sono più lunghe dei giorni, si svolgono intrecciandosi tra di loro innumerevoli vicende di esistenze alla deriva. Il narratore non ha nome e forse nemmeno corpo.
È – per meglio dire – la voce di un ricordo che comincia a affiorare, un «Io» accidentato che diviene di volta in volta un «Egli», un «Noi», un « Si », l’ombra di un uomo, il processo di estinguimento di un’anima.
Questo « protagonista » decide di lasciare la campagna dove vive in solitudine per raggiungere, sulle tracce di una misteriosa Donna dalla pelle bruna (sua madre? il simbolo delle sue origini? il suo perduto amor?), una metropoli sinistra e tentacolare.
Durante il cammino incontra altre persone, a loro volta in viaggio, le quali sembrano conoscerlo e avere un legame con la sua vita o con la sua memoria. Il Marinaio che vuole ritrovare il «suo» mare, il Vecchio Cantore e il Bambino con un piccolo dio nascosto in soffitta, il Giudice melanconico e melomane, la Prostituta edipica e idealista sono altrettante immagini, proiezioni e fantasmi di un’unica esistenza: quella del narratore. Spostandosi da una sudicia stanza d’albergo della piazza Omonia di Atene, alle fontane notturne di Parigi, ai sobborghi crepuscolari di Buenos Aires e ai carrugi del vecchio porto di Genova, la ricerca prosegue difficile, immergendosi e immergendo il narratore in luoghi che appartengono più alla memoria che al presente della realtà. Come in un infinito negativo si ha vieppiù l’impressione che i protagonisti non riescano a muoversi e a incidere nello spazio e che la distanza tra il punto di partenza e quello d’arrivo sia immaginaria.
Ma esiste questa distanza, – si domanda il narratore confondendosi con l’autore – cosa differenzia la realtà dalla finzione, la vita dal romanzo? Forse solo un’ombra, un angolo crepuscolare. Forse che in ogni romanzo come in ogni vita esiste e permane una parte oscura, un linguaggio che non si può articolare, un segreto che non verrà mai svelato. Il supremo inganno che conosce solo chi ha il privilegio di raccontare e chi possiede la storia, ma che a sua volta è ingannato da altri narratori, posseduto da altre storie.
Così senza soluzione di continuità, echi di frasi e d’immagini cominciano a emergere dal passato travolgendo le azioni dei personaggi.: la memoria di un autore sempre più invadente minaccia l’esistenza dei personaggi e il compimento della narrazione.
Le stanze ombrose dell’infanzia, le passeggiate solitarie nelle sere di primavera dell’adolescenza, il traumatico passaggio all’età adulta durante la Visita Militare, la fede in un dio inutile e timido nascosto in una piccola soffitta di campagna, la passione letteraria per i labirinti borgesiani intralciano il ritmo della narrazione e privano via via la ricerca del suo senso originario.
Col trascorrere delle pagine l’io accidentato del protagonista procede alla sua vaporizzazione e il viaggio perde di conseguenza la sua consistenza, facendosi vago, immateriale, sfuocato per assurgere infine ad una dimensione mitica. Le stesse figure dei coprotagonisti si strappano al tessuto della finzione per confondersi con l’immagine dell’eroe e paiono essere altrettante sfaccettature o frammenti di vite passate sottratte all’immaginazione dell’autore.
Le parole e la storia non possono che divenire infine il Labirinto, ovvero il luogo mitico dove l’autore-eroe ha finalmente perso le sue tracce facendosi – nel suo silenzio – Minotauro.