“Siamo fumo nel vento” di Vittorio Basile

10,00

POESIE | Orme di poesia
Pagine: 94
ISBN: 978 88 6300 222 5
Pagine: 94
Edizione: marzo 2019
Euro: 10,00
Rilegatura: brossura fresata a folio

SIAMO FUMO NEL VENTO

di Vittorio Basile


Prefazione a cura di Mimmarosa Barresi

 

Chiedere ad un esperto di nulla, che non è un critico d’arte né di poesia né d’alcunché, di ‘confezionare’ un qualsivoglia genere di introduzione alle proprie creazioni poetiche, si configura come un azzardo, un grosso azzardo, poiché a volte, spesse volte, l’attenzione, in questo caso del lettore, si incentra e si fissa sulle poche o tante righe di presentazione col risultato di creare aspettative miseramente disattese, entusiasmi effimeri come fiammelle di cerini o, ancor peggio, noia immane; come ben sapeva Borges quando augurava ai lettori che fossero preservati, liberati addirittura, dalle prefazioni troppo lunghe.
E dunque ancora mi chiedo come e perché Vittorio Basile mi abbia scelto per ricoprire questo delicato ed insidioso ruolo di prefatrice.
In realtà Vittorio è un uomo coraggioso ed in realtà io sono, per natura, non tanto egocentrica ed invadente da voler oscurare la sua personalità con uno scritto vanagloriosamente étonnant.
Già in occasione di una sua mostra di sculture, quelle sculture così arcaicamente contemporanee e, in forza di ciò, così suggestive, ho scelto, per poterne parlare, di entrare nella sua casa-atelier per conoscere nel loro ambiente, un contesto privato e familiare, quelle belle ed imponenti (anche quando erano/sono alte pochi palmi) Signore (la maggior parte raffiguravano/raffigurano soggetti femminili) di pietra perché si compisse la magia e, al contrario della curiosa e biblica moglie di Lot (in verità statua di sale) o della superba e ellenica Niobe (questa davvero di pietra), si animassero piuttosto e mi parlassero per raccontarmi di… Vittorio, naturalmente, che già, per via di levare, le aveva tratte dal sasso e vivificate.
Qui l’impresa è ben più pericolosa e complicata. Si tratta di entrare nella testa di un uomo e, muovendosi con delicata sospensione fra lobi, talami e chissà cos’altro, raggiungere quelle aree nobili e misteriose dove nasce la poesia. Un mondo sotterraneo, a metà fra quello di Alice e quello di Athanasius Kircker, dove tutto si trova e tutto può accadere o è già accaduto. Lì, probabilmente, i ricordi e i rimpianti di una vita, le immagini del passato e del presente, gli odori ed i profumi, i sapori dimenticati che un contatto elettrico può reindirizzare alle papille.
Il metodo di ricostruire un contesto, di farsi partecipi e contemporanei della temperie storica e culturale in cui vivono ed operano gli artisti, che assicura/dovrebbe assicurare una corretta lettura ed interpretazione degli stessi e delle loro creazioni, per le poesie ed i poeti non vale (almeno non vale per me), tanto è meravigliosamente indefinito e sfuggente questo loro mondo intrecciato di versi e di rime.
A mio, a nostro vantaggio, tuttavia, il dato certo che Vittorio Basile è un uomo dalla ammirevole poliedricità di interessi ed attività, anche se è improprio pensare a lui come un eroe del multitasking (tanto per usare un termine che farà inquietare gli esterofobi).
Artista figurativo, scultore sopra tutto, attore talentuoso, infine autore di poesie, come quelle che leggerete, Vittorio a me sembra, per averlo conosciuto, forse non bene, forse da non abbastanza tempo, un monstrum, come lo intendevano i latini, un personaggio che suscita meraviglia per questo sdoppiarsi, anzi triplicarsi, con successo e passione. Tre teste, tre cuori. È davvero un inedito e sconosciuto essere mitologico che per sorte ho incontrato; e del quale, ecco il punctum dolens, sono chiamata a commentare parte dell’opera.
E comincerò con un compito facile, dall’economia del libro. Sono in tutto sessantacinque poesie, proposte in ordine alfabetico secondo il titolo, di varia estensione (di sette versi la più breve), rimate con impudente nonchalance ovvero, più spesso, in versi liberi.
Dentro il mondo o forse, più verosimilmente, un po’ del mondo di Vittorio, un pedazo de su vida y de su corazòn, per rendere omaggio alla sua affezione per la lingua spagnola; dove i temi predominanti sono, a me pare, l’osservazione della natura che spesso riflette, nei suoi mutevoli aspetti, la varia e faticosa vicenda del microcosmo degli uomini e l’introspezione personale, grazie alla quale, ma dico un’ovvietà, riusciamo (ma quanto e con quanto successo?) ad avventurarci “sotto il velame” dell’apparenza.
Di più non oso dire.
E mi rifugio in un campo più familiare tornando alle sculture di Vittorio, così fra loro apparentemente simili, in forza della poderosa definizione dei corpi e della accennata sobrietà dei gesti, ma così profondamente diverse.
E ripasso i titoli, vorrei dire i nomi, che l’artista ha imposto alle sue ‘pietre’; nomi pregnanti e impegnativi, scelti come si scelgono i nomi dei figli, con inquieta e scrupolosa attenzione, ma, nel caso di Vittorio, con più appagante libertà.
E provo a giocare un gioco di corrispondenze fra gli insiemi disomogenei dei versi dall’impalpabile consistenza e delle pietre inevitabilmente più tenaci; come diligenti didascalie le poesie si collocano alla base delle statue, sui piedi inconfondibilmente palmati (dove esistono) delle stesse.
Non è solo un divertissement.
Funziona davvero.

Briciole d’amore, i venti versi di Briciole d’amore, docilmente si adattano a chiosare, già in forza del titolo, I piccoli amanti di pietra del Nostro. E ancora, per restare in tema, gli Amori consumati nel regno minerale ben potrebbero essere celebrati dalle tante poesie dedicate, quali Chiedo amore, Chi sei…, Lacrime d’amore e, più di tutte, Nuova alba, dove, come nella scultura citata, “Virilità e femminilità si affrontarono / in un impetuoso assalto”.
Nell’enigmatica effigie de Il risorto si pietrificano, a loro volta, i quattordici versi di Cristo in croce; mentre La Carità, sorridente o rassegnata che sia, tende la mano breve e ansiosa, come quella del mendicante, protagonista della poesia, dolente e compassionevole insieme, Il Vagabondo.
Il gioco potrebbe continuare.
Passo la mano a Voi, lettori curiosi e volenterosi, perché possiate e vogliate accostarvi ai versi di Vittorio con negli occhi il ricordo delle sue sculture, che tutto possiedono tranne un cuore di pietra.
O viceversa; ché funziona ugualmente.
Ed è l’artista stesso ad autorizzarci ed invitarci a questo gioco, che, come tutti i veri giochi, è tutt’altro che fatuo e improduttivo: “Quel che volevo essere / questo son io. / Mostrar lo sviscerato amor / dell’arte mia. / Emergere dal fondo / del mio io / l’arte della scultura, / e della poesia”.


Vittorio Basile è nato a Messina nel 1952. Vive e opera a Barcellona Pozzo di Gotto da circa cinquantanni.
È un artista poliedrico: spazia, infatti, dalla scultura alla poesia, passando dal teatro.
Siamo fumo nel vento” è la sua prima pubblicazione.
Ha vinto numerosi premi, ottenendo segnalazioni e riconoscimenti.

 

 

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