POESIA
quando qualcuno
di Simonetta Bumbi
Prefazione di Alessandro Bertirotti
Cinquantuno pagine di un’unica poesia. Un infinito canto quasi sempre dolente e sofferto di una lei verso un lui, dove non vi è spazio per altro che per loro due e per l’infinito dolore di lei.
Titoli che non sono titoli, ma piuttosto trait d’union tra una pagina e l’altra, per passare con l’occhio e con la mente da una strofa ad un’altra strofa.
In una totale assenza di lettere maiuscole, perché l’autrice non vuole che vi siano parole iniziali più importanti ed altre conseguenti o finali meno importanti (e questo è un suo stilema), si snoda una interminabile poesia nella quale si riconosce una indubbia originalità, rispetto alla classica impostazione di un libro in versi. E poi, una punteggiatura assai personale, quasi una non-punteggiatura che vorrebbe forse indicarci un altro modo di leggere un’altra, la poesia di Simonetta.
È un testo che andrebbe forse guardato e non soltanto letto, perché in questa osservazione si può cercare di comprendere i tanti interrogativi che si nascondono dietro a concatenazioni di parole che spesso appaiono incomprensibili. Proprio come si dovrebbe fare con gli esseri umani: osservati nelle loro emozioni e nei loro movimenti, piuttosto che valutati sulla base di quello che dicono.
Oggi più che mai è facile ingannare il mondo, dicendo cose prive di contenuti, semplici e virtuali esercizi di stile, senza nessun effettivo rapporto con la vita di tutti i giorni. Si tratta di parole che godono del privilegio di una vita autonoma, senza nessun collegamento con le azioni che le hanno originate, e gli uomini che le espongono paiono sempre più marionette in mano ad un acefalo ma pervasivo burattinaio spesso disumano.
Ma con Simonetta Bumbi non accade la stessa cosa, proprio perché le sue parole sono come macigni, pietre grandissime che, gettate nello stagno della vita quotidiana e normale di ognuno di noi, ci svegliano alla concreta afflizione di coloro che nella vita hanno sofferto e soffrono per amore. E come le persone, che vivono giorno dopo giorno cambiando opinioni e pensieri, anche questo libro è l’espressione di una intera esistenza, dove le poesie acquistano un loro significato solo se considerate nel loro insieme, e non singolarmente. Così, immagini surreali sono evocate da altrettante oniriche parole, assieme ai numerosi neologismi, o accostamenti verbali, che rendono più efficaci le immagini rappresentative del proprio sentire il mondo intero.
Attraversiamo in questo modo il mondo della Bumbi, dalle “scarpe senza lacci per vagabondarti” al “m’accandelo”, sino a giungere al “ci inseguimmo nelle valigie” con gli occhi che discutono fra loro.
Le ultime tre pagine sono le uniche che invece rientrano in una utile quanto discutibile “normalità espressiva”, e questo giunge come un planare di aereo verso terra, un recuperare la prosaicità della poesia, e forse questo avviene nel tentativo di recuperare la vita oltre il dolore.