ROMANZO | Collana “Orme di inchiostro”
Ricordati il diario
di Luca Sacchieri
Nota biografica
Luca Sacchieri è nato a Roma nel 1982. Il fatto che non sia ancora morto da qualche parte è l’unico aspetto positivo del suo più grande difetto: lasciare le cose a metà. Ha una chitarra che non suona, non fa un cambio di stagione dal 1973, ha muraglie di dvd, fumetti e, soprattutto, libri che continuano a salire. E sui quali si ostina a non piazzare un tetto. Solo con i romanzi che ha scritto è riuscito a mettere la parola “fine”. Ma questo più che altro per colpa delle case editrici che gli hanno pubblicato, nell’ordine: Tributo ad un ragazzo che come me, ed. Proposte Editoriali, 2003; C.H.A.T. (Come Ho Amato Te), ed. Fermento, 2004; Boing Generation, ed. Edizioni della Sera, 2010.
Odia correre senza che ci sia un pallone da inseguire, ma vi è costretto ogni mattino: è il ricatto del cane Dalì che, se non appositamente sfiancato, si sfoga riarredando casa. Luca viaggia: molto con la testa e troppo poco zaino in spalla. All’improponibile scoccare delle 5:30, ogni mattino (weekend esclusi), infesta Facebook con le trovate stimolanti della sua pagina “In diretta dalla tazza 2.0”. Per il resto, da qualche anno a questa parte, la sua vita è Serena. Finalmente.
Il volume
Rico, dopo un grave incidente d’auto, si risveglia dal coma ed inizia a soffrire di perdite di memoria a breve termine. Come parte della terapia, gli viene consigliato di scrivere sui fogli di un diario, che per qualche tempo gli serviranno da cervello di riserva. Li chiama “carta igienica”, quei fogli: “l’unica cosa da usare in una vita di merda”. Ma, un po’ per questa avversione, un po’ per una sua congenita pigrizia, un po’ per certe vicende che iniziano a coinvolgerlo, un po’ perché in effetti soffre di perdite di memoria, Rico di volta in volta si dimenticherà di avere un diario nel momento stesso in cui avrà finito di scriverci sopra. Le “certe vicende” sono il fatto che qualcuno stia tentando di ucciderlo. Il perché è custodito nel diario che lui stesso, appunto, non rilegge. Inoltre schivare proiettili è un’attività che, oggettivamente, richiede tempo e concentrazione. Tra fughe, sparatorie, sospetti quasi compulsivi, giorni neri e notti in bianco, scelte estreme e una grandinata di punti interrogativi, si arriverà alla resa dei conti durante la finale di Champions League. Che non durerà fino al triplice fischio dell’arbitro. La vicenda di Rico Pensato, però, è anche la metafora per poter parlare dell’Italiano medio e del suo difetto fondamentale: la scarsissima memoria storica. Rico ha la scusa dell’incidente, per le sue perdite di memoria. L’Italiano medio no.