ROMANZO
Ancora domani
di Fabio Ognibene
Breve biografia
– «Sono un giovane autore di Bologna, ho pubblicato:
“Impercettibili condensazioni sentimentali”, Giraldi editore, romanzo, 2008;
“Dopo il silenzio”, Arduino Sacco editore, romanzo, 2009;
“La principessa che dice le bugie”, Giraldi editore, fiaba illustrata, 2009».
Prefazione di Giulia Carmen Fasolo
Il personaggio principale di questo romanzo racchiude in sé due registri dicotomici dell’essere umano: la straordinaria bellezza e la quotidiana mediocrità dell’attesa di una forma da dare alla propria vita. È l’insieme delle manie, delle consuetudini dei gesti, dell’assonanza dei pensieri, della definizione faticosa delle relazioni che popola questo romanzo.
È come se conoscere il reale nome del protagonista principale non rappresentasse una necessità, non avesse poi tutta questa importanza. Anche il lettore, ad un certo punto, così invaso dalle pieghe delle pagine e dagli intrecci relazionali, dimentica di chiedere allo scrittore: “Ehi, ma come si chiama il tuo personaggio?”. Né interessa sapere l’indirizzo, l’abitazione, il colore dei maglioni o dei calzini.
Avrà pure trentacinque anni, sarà pure un ex collega della quarantenne Greta, ma non ci importano questi dettagli anagrafici del personaggio e degli abitanti della sua vita.
Interessano di più le sue mani, il suo modo di essere “un pazzo tra i pazzi”, un essere come ne esistono tanti al mondo, moltiplicati per quante facce siamo e per quanti rapporti indossiamo.
Il Prode, così soprannominato, è un personaggio che circumnaviga attorno a donne e a uomini, a desideri che pensa di conoscere, ma che non acciuffa mai. Non per distrazione, né per mancanza di desiderio. Ma per quello strano destino che viene racchiuso nei tipici passaggi degli “sliding doors” della nostra vita (…e se non avesse lasciato così facilmente Alice? Se avesse insistito, quella sera, di fronte a quel portone chiuso in faccia?).
A tratti, quasi ad intervallare le storie con gli altri, sbuca fuori l’attesa dello squillo del telefonino. Ma Alice non chiama, probabilmente lo farà una mattina qualunque o probabilmente mai. Alice è una donna che sembra esistere solo nelle maglie delle attese quotidiane del personaggio. Un’idea che non assumerà mai, neppure alla fine, una forma, se non in una chiamata reciprocamente mai risposta. Un’idea che è in realtà attesa di qualsiasi cosa possa divenire concretezza di vita, condensazione di desiderio, solidità di un’emozione.
Prode è un eterno sognatore, è un eterno infelice, è un eterno giocatore di danze, di incontri, di amici, di sigarette, di rifugi da Magda la prostituta che non chiede niente di più di quello che lui è in grado di offrire. Lui è talmente bravo a stare in silenzio o ad andare via quando gli viene chiesto, che il suo atteggiamento sembra quasi la risposta ad una imposizione interna che gli ordina la ritirata quando lo spazio è stretto o è troppo grande per lui, che non è in grado di gestirlo.
Tutti sembrano avere una identità definita in questo romanzo, addirittura anche la radio per la quale vengono stabiliti un orario e un taglio. Tutti, tranne lui stesso.
Possiede una casa strana, con mobili strani, con stanze strane, e ospita Greta, un’inquilina quarantenne che si prende cura ci lui come farebbe una madre.
Greta ed Eva si amano anche se per età ed esigenze diverse, di fronte ad un uomo che in realtà non ha per davvero l’ossessione del puro e il terrore di ritrovarle nel suo letto a fare l’amore; ha semplicemente paura di imbattersi nel loro amore e nella concretezza carnale, per non ritrovare il suo niente, la sua non concretezza, la sua virilità non completa.
Ed è tipica del profilo della sua personalità la reazione che ha di fronte alle domande incessanti della psicologa Melissa che, forse presa dai fumi e dall’alcol, è finalmente intenzionata a concedere il suo corpo e il suo sesso. Lui cosa fa di fronte alle domande-accuse della donna? Scappa sotto il tavolo. Dove lei ben presto lo raggiunge, sbattendogli in faccia la sua precaria realtà di uomo, urinandogli addosso una necessità di liberazione.
Lui sembra in fuga, ed assume forme così particolarmente umane che ci sorprende di colpo il suo assomigliarci, come se lui fosse il nostro specchio e noi il suo. La sua fuga non è motivata da qualcosa di definito, è come se fuggisse da una vita che è allo stesso tempo monotona e caotica, una vita che non gli dà il tempo di mettere in ordine o di fare una telefonata, o di amare o di concretizzare i suoi bisogni primari di vita e di morte.
È un bellissimo romanzo, questo dello scrittore Fabio Ognibene. Così bravo a tagliare perfettamente il profilo personologico di ogni essere che si dipana in queste pagine, che non smetteremmo mai di rileggerlo. Anche il linguaggio fa sì che ciascuno dimentichi che in realtà si tratta di una storia di fantasia. I personaggi che animano queste pagine di 148mm per 210mm potrebbero essere i nostri vicini di casa o i tizi che stanno seduti accanto al nostro tavolo al bar, talmente tanto sono reali e assomiglianti a chi conosciamo. Ognibene è così bravo a disegnare la quotidianità, che l’unico modo per leggere questo romanzo è iniziare e finirlo subito, come fosse una giornata da vivere, una mattina da attendere o una telefonata da desiderare. E quando è finito, si cercano ancora pagine.
Ti chiedi che fine farà Prode, ti chiedi se mai anche tu incontrerai una Elena capace di farti fare pazzie, che ti chiama “mezzasega”, ma sceglie te in mezzo a tanti altri.
Pensare che per poco più di 130 pagine si parla del Prode e di tutti quelli che si aggirano, in un modo o in un altro, attorno alla sua vita e di colpo vedere che questa vita, che prima sembrava di non riuscire a trovare una sorpresa o un’impennata, recupera un nuovo inizio in Elena, è straordinario. Quasi poetico.
Siamo tutti alla ricerca, nella nostra quotidianità, di qualcuno che non sia uguale a prototipi di false certezze, che ci faccia porre dei dubbi sì, ma che sia in grado di farci saltare gli ostacoli senza scappare a largo. Qualcuno che decida di sceglierci nonostante le nostre debolezze, non solo per quello che siamo, ma anche per quello che non siamo.
Greta, Eva, Melissa, Lucrezia, Sante, e tutti gli altri personaggi, in qualche modo sono lì per riempire qualche cosa nella vita del protagonista principale, qualcosa che anche a noi manca. La tenerezza nella tazza di una tisana è la stessa che racchiude il tentativo da parte di Greta di non far morire Prode accartocciato al suo cappio quotidiano in cucina.
Infine, è bella l’immagine della radiografia, in grado di non rintracciare nei nostri seminterrati somatici l’anima, anche se tutti sappiamo che in realtà c’è. Ritrovarla, forse sarebbe spaventoso, ci farebbe piombare in pellicole di domande continue. Diventerebbe tutto dubbio, incessante dubbio. Così, meglio una macchia nera nei polmoni, qualsiasi cosa sia va bene, basta che non sia definita anima.
Si ha coscienza che la confusione non esiste per generare altra confusione, ma per dimostrare ciò che è da ciò che non è. Per definire in maniera umana, semplice, ma non banale, quei confini che ci permettono di capire chi siamo, e poi chi non siamo. La straordinaria capacità di un trentacinquenne di fare prima il professore universitario, poi di fare l’operatore socio-sanitario, poi di fare il redattore di una radio e poi forse più niente, ci impone la necessità di badare prima a ciò che vogliamo noi per la nostra vita, per essere sicuri di cosa possono volere gli altri da noi.
Si assembla la vita in una casa, in un locale, in un bar, in una Casa di Accoglienza, nella confusione dell’amore eterosessuale e omosessuale, nella consapevolezza che una chiamata non arriverà mai, nella costante costruzione di qualcosa che semplicemente non c’è.
Si legge in fretta, anche se, arrivati alle ultime pagine, si tarda, si rallenta, per sorseggiare bene il finale. Il linguaggio è quotidiano, è parlato, è comunicato, è nostro. Fabio Ognibene non è alla sua prima pubblicazione, ma è uno scrittore giovane e dalla penna chiaramente brillante. È un talento in grado di dare vita ad una storia rendendola vita quotidiana.
Recensioni:
– Circolare 33 (Rivista di eventi e culturai a Bologna)