POESIA
Sempre in bilico
di Fabio Bosco
COPIE ESAURITE
La silloge
Con lo scorrere delle pagine, immergendoci sempre più a fondo nel suo mondo interiore, Fabio Bosco lascia affiorare e consolida la sua natura di combattente, di sopravvissuto ad una qualche sorta di Olocausto Interiore. La sua poetica ci racconta di ripetuti incontri-scontri con la realtà della Vita, della sua altalenante grandiosità e miseria, degli insormontabili muri che isolano e separano gli individui da se stessi e dagli altri. Del paralizzante intreccio di memorie ed illusioni nel rapporto di coppia. La tavolozza di colori che usa per dipingere le proprie rappresentazioni abbonda di tinte fosche, fredde.
Prefazione di Jacopo De Nicola
Leggendo le liriche di Fabio Bosco mi capita di chiedermi che cosa ne penserei se non lo conoscessi e non avessi condiviso con lui parte della sua storia. Molto tempo è passato da quando scrivevamo poesie a quattro mani, esplorando le angosce e gli entusiastici eccessi della nostra gioventù. Ora mi ritrovo a leggere le riflessioni di un uomo a metà strada nel suo percorso di vita, assaporando in frutto ciò che avevo conosciuto in fiore.
Con lo scorrere delle pagine, immergendoci sempre più a fondo nel suo mondo interiore, Fabio lascia affiorare e consolida la sua natura di combattente, di sopravvissuto ad una qualche sorta di Olocausto Interiore. La sua poetica ci racconta di ripetuti incontri/scontri con la realtà della Vita, della sua altalenante grandiosità e miseria, degli insormontabili muri che isolano e separano gli individui da se stessi e dagli altri. Del paralizzante intreccio di memorie ed illusioni nel rapporto di coppia. La tavolozza di colori che usa per dipingere le proprie rappresentazioni abbonda di tinte fosche, fredde.
La colonna sonora è quella di un mare d’inverno che incessante aggredisce e corrode i bastioni dell’io, senza volto, senza tregua, senza pietà.
Nella vastità desolata della sua percezione, Fabio è il Guardiano del Faro. Testimone della furia cieca degli elementi, lotta senza tregua per mantener viva quella luce che va custodita ad ogni costo. Nel profondo conosce la connessione del suo intermittente richiamo al tenue filo della Vita. Pertanto non teme di esporsi al vento della Solitudine che ulula intorno, isolandolo da tutto e da tutti. Di tanto in tanto sporadiche navi passano all’orizzonte.
Flebili promesse di svolte, notizie da terre lontane, possibili incontri, interruzioni al devastante senso di monotonia e futilità dell’esistere. Il guardiano ricorda quando era una di quelle navi, anche lui nel flusso, viaggiando di faro in faro. La Memoria allora si intreccia con l’Immaginazione, creando diversivi estemporanei, sfuggenti voli onirici. È il delirio di un attimo prima che l’impietoso lampo esponga in un flash l’immutata realtà circostante. Ed è ancora tempesta.
Le pagine scorrono e nulla sembra poter cambiare l’ineluttabilità di questo quadro.
Poi, a tratti, improvviso e inaspettato, spunta un raggio di sole. Il mare si placa ed è subito Luce. Il Guardiano abbandona il faro ed esce a crogiolarsi nel calore di questa inaspettata tregua. Il contrasto tra le due nature è impressionante e la dolcezza di questi momenti spazza via in un soffio lo spettro degli altri. È qui che ci si accorge della forza interiore che Fabio dimostra a discapito degli eventi della vita. È la forza di una lama temprata al fuoco di innumerevoli battaglie e all’impatto di mille martelli. Una lama che sa quando è tempo di ritornare nella guaina e aprire le porte del cuore. In questi iati, con tutto lo stupore e la forza di un sopravvissuto, Fabio assapora la novità e la freschezza della Vita che rinasce.
Leggendo le sue poesie, mi torna alla mente il Vate Bolognese Roberto “Freak” Antoni che anni fa affermava:” dicono che quando si tocca il fondo non si può far altro che risalire… a me capita di cominciare a scavare…”.
Reincontrandolo a vent’anni di distanza mi accorgo che Fabio ha continuato a scavare finché non è uscito dall’altra parte.