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“Borderline, io e il mio confine” di Daniela Aspa

10,00

BIOGRAFIE | “Orme di inchiostro”
ISBN: 978 88 6300 159 4
Edizione: agosto 2015
Euro: 10,00
Formato: 14,8×21 cm
Rilegatura: brossura fresata a folio

BIOGRAFIE | “Orme di inchiostro”

Borderline, io e il mio confine

di Daniela Aspa


La scrittrice Daniela Aspa ha già pubblicato, per i tipi Smasher, il volume “I miei occhi”.


Prefazione a cura della dott.ssa Carmen Pino (Psicologa e Psicoterapeuta)

Una calda e serena serata primaverile, pochi rumori di sottofondo, una luce soffusa e una bevanda rilassante. È così che inizia il mio viaggio tra le righe di questo scritto. Mi attrae l’idea di avvicinarmi alla lettura di un vissuto psicologicamente rilevante, io che di patologie ne vedo tante, io che, come strumento di analisi interiore, prediligo la scrittura. Superate le prime righe, mi accorgo che le distrazioni che mi circondano perdono improvvisamente peso e rilievo. Uno squillo distoglie la mia attenzione, spengo il telefono, mi sento assorta, affascinata e non voglio intromissioni.
Il suo nome è Daniela. La sua vita, la sua patologia descritta in queste pagine, profonde e incisive, per un lasso breve di tempo diventerà la mia. Daniela inizia il suo scritto, descrivendo quello che è il disturbo di una vita di cui porta i segni incisi sul suo corpo e nella sua anima. Tale disturbo è identificato con il termine borderline e significa “limite” o “linea di confine”. È così che starò io in questa lettura: al limite tra la mia e la sua vita. La capacità introspettiva ed espressiva dell’Autrice, infatti, trascina in un viaggio interiore di notevole impatto, in cui emerge una sofferenza che, nelle sue svariate espressioni, diventa lo specchio nel quale si riflette l’interiorità del lettore.
Daniela racchiude nella sua esperienza le principali e salienti caratteristiche del disturbo borderline: cammina su una “linea di confine” che tende a sconfinare in due differenti e opposti territori a seconda che siano dominati dalla “patologica” normalità o dalla “normale” follia. Coppie di termini contrapposti ma intercambiabili, perché la linea di confine è fragile. Accade spesso, infatti, che nella quotidiana normalità si tenda a soffocare dolori e sofferenze che urlano invano di essere ascoltate, trovando infine espressione solo in quella che è la follia del momento. A tal proposito significativa risulta l’affermazione dell’Autrice: “Io credo che di base siamo tutti borderline!” L’istinto borderline di Daniela prende forma fin dall’infanzia con quelle che sono le manifestazioni sintomatologiche caratteristiche, quali i disturbi dell’alimentazione, la tendenza autolesionista, l’instabilità nelle relazioni interpersonali, affettive e nell’immagine di sé. Descrive i suoi frequenti e imprevedibili cambiamenti dell’umore, con manifestazione di emozioni intense e comportamenti eccessivi, emozioni scatenate dal timore di un rifiuto o di un abbandono. Come tutti i soggetti al limite, Daniela ha vissuto un dissidio interiore tra due forze opposte quali l’esigenza di vicinanza e la paura dell’abbandono. La sua sofferenza si chiama “mancanza” e le cicatrici sul suo corpo diventano urla mai ascoltate che chiedono aiuto. Ma, come spesso accade nelle situazioni di disagio, in assenza di una mano protesa, l’unica soluzione, seppur con fatica, rimane quella di andare coraggiosamente avanti da soli. Pertanto, così come emerge dal testo, l’Autrice nella sua inquietudine cerca in se stessa la salvezza: “Sono forte da sola!”. Difatti esistono molti tipi di solitudini, molto diverse tra di loro. C’è la capacità di stare soli, distanziati dalle cose del mondo in un ritiro in se stessi fertile che conduce ad un’autentica ricerca del proprio sé. Ma vi è anche una solitudine che deriva dalla separazione e dalla perdita; una solitudine borderline tesa ad evitare la ferita dolorosa di un intollerabile abbandono. In questo contesto non può passare inosservato come la scrittura abbia rappresentato per Daniela uno strumento per decifrare la sua anima, creando un ponte di collegamento tra le due solitudini; collegamento che le permette di leggersi dentro facendo luce nel buio del suo dolore. Ed in questo intento la nostra Autrice è riuscita davvero bene. La sua scrittura appare come il filo d’Arianna che conduce in un viaggio verso la verità interiore rendendo vivida un’esperienza di dolore, vivendola con partecipazione, seguendo i tempi e le pause emotive. Non è facile dare un nome alle proprie emozioni, leggerle, decifrarle. Ma Daniela ci riesce giungendo così ad un linguaggio comune tra le sue due parti, quella istintiva e quella razionale. Accorcia le distanze attraversando quel limite, quella zona di confine, fino a giungere ad un’auto consapevolezza che le permette di orientare le sue tendenze borderline in una direzione congeniale al raggiungimento di un equilibrio. Si tratta sempre di un equilibrio precario, perché dentro lei vive sempre la bambina che era e che torna puntualmente a farle visita, a farsi sentire, ad urlare per non essere mai dimenticata. Perché il nostro presente è costruito su una solida base, consolidata dal nostro passato. La nostra identità è il frutto di sentieri non sempre facilmente percorribili. È il risultato di dissidi interiori, terremoti dell’anima da cui uscire più o meno indenni ma, comunque, con un bagaglio di esperienza inestimabile che ci rende unici. L’Autrice di questi terremoti ne ha affrontati tanti, uscendone rafforzata e rinnovata; raggiungendo un equilibrio in cui il passato, seppur tortuoso e mai dimenticato, rappresenta un elemento proficuo nella costruzione della sua identità. Terminando la lettura, il primo pensiero che attraversa la mia mente è: ‘il suo viaggio è stato anche il mio’.
Ritengo che tale percorso sia comune a tutti coloro che si accingono a questa affascinante lettura, un meraviglioso viaggio all’interno dell’anima.

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