POESIA | Collane “Orme di poeti”
Autunnali rifrangenze
di Carmelo Eduardo Maimone
Nota biografia
Carmelo Eduardo Maimone nasce a Barcellona P.G. il 9 giugno 1959, città dove attualmente risiede.
Entra in contatto fin da giovane con associazioni culturali e circoli artistici per i quali manifesta interesse ed impegno, riscuotendo puntuale apprezzamento. Collabora con alcuni giornali locali e cura delle edizioni antologiche e presentazioni di edizioni librarie delle quali è anche autore delle prefazioni. Ospite di programmi televisivi, conosce Enzo Biagi, Turi Vasile, Plinio Perilli, Vittorio Sgarbi. Fondamentale è l’incontro con la filosofia di Salvatore Natoli. Autore di diversi saggi e racconti, ha pubblicato libri di poesie, sue sono anche alcune favole per bambini. Ha conseguito vittorie, menzioni d’onore e speciali, segnalazioni di merito, secondi e terzi posti in molti concorsi nazionali ed internazionali. Riflessi onirici, presenti nel suo moleskine, raccontano dei tanti viaggi solitari e protesi all’indagine introspettiva. Così egli veste i panni di pellegrino ora di San Giacomo, ora di San Francesco, ora di semplice creatura della Physis. Trae la sua materia dalla vita interpretata, dall’amore per le umili cose del creato dove spesso si cela il vero… il senso di tutte le cose, dal diurno, umano patire e gioire, alternanze che tengono sempre viva, anche se legata ad un filo sottile, la fede… la speranza.
Tratto dalla Prefazione a cura del Prof. Alessandro Cocuzza
Quello di Carmelo Eduardo Maimone è un iniziatico Itinera rium mentis in Tempus et in Se, un viaggio simbolico attraverso i quattro principi originari del pensiero presocratico, Fuoco, Aria, Acqua, Terra, per giungere alla visione sintetica e unitaria dell’Etere. Le sostanze del reale, che rimandano anche alla medicina gnostica, qui diventano tappe esistenziali di un processo di acquisizione di consapevolezza che si richiamano l’un l’altra attraverso un crescendo musicale che approda alla dimensione dell’Etere. Una costante riflessione su essere e divenire attra- versa le pagine di quello che, per la sua unitarietà e articolazione, più che una silloge dobbiamo considerare un poema. E tale meditazione approda, dopo la peregrinazione delle prime sezioni del libro, a un’esperienza quasi mistica, all’illuminazione nietzschiana dell’amor fati con l’accettazione di quella sintesi del tempo/e della vita che è il divenire e, al contempo, la benedizione dell’attimo che è ciò che viviamo e godiamo fino in fondo e che ci dice che le cose che a noi care furono in vita, care ci saranno in eterno. Tale approdo è il superamento della coscienza infelice, che deriva dal sentirsi separato dal resto della realtà, e la percezione dell’unità del Tutto, acquisita attraverso lo sguardo più maturo che ha imparato a ridimensionare l’io e a restituire una nuova proporzione alle cose.
Vista la matrice gnostica di tale riflessione, bisogna preliminarmente evitare un fraintendimento, quello cioè di trovare nei versi di Maimone una sorta di dualismo manicheo, secondo cui questo mondo sarebbe frutto del peccato di Sophia, come vorrebbe lo gnosticismo valentiniano. Qui il riferimento è a più antiche speculazioni secondo cui la materia è tacitamente pre supposta come eterna, insieme al Pleroma, e ogni aspetto della realtà sentito e concepito, almeno nel suo approdo finale, secondo una visione panteistica: tutto è un’emanazione della Totalità primigenia, della Pienezza e profondità dell’Essere, del Deus absconditus. Ma, come ci insegna Empedocle, è la tensione tra philia e neikos, tra amicizia e contesa, a governare Acqua, Aria, Terra e Fuoco, le quattro radici (rhizai) di tutte le cose. E anche a cogliere questa dialettica si giunge attraverso un cammino.