RACCONTI
Diamanti e fango
di Anna La Rosa
ISBN 978 88 6300 131 0
1a edizione dicembre 2015
Della stessa Autrice e nella stessa collana, la raccolta CHIAROSCURO
Nota biografica
Anna La Rosa nasce a Milazzo nel 1961, risiede a Olivarella, frazione del Comune di San Filippo del Mela.
Il suo mondo è formato da colori e parole. Scrive poesie in momenti particolari della sua vita. Come foglie, una plaquette in memoria della madre, è un esempio di come il dolore venga metabolizzato e trasformato in versi. Quello che l’affascina da sempre, però, è scrivere storie, intrecci di vita, personaggi della quotidianità in situazioni limite. In Chiaroscuro, racconti edito da Smasher, rivela come la sua penna venga spinta quasi sempre nella stessa direzione: quella della narrattiva trhriller. Anna La Rosa ha vinto numerosi premi, sue opere risultano in importanti antologie nazionali. I suoi racconti fuori dall’Italia hanno ottenuto prestigiosi riconoscimenti. Passa con naturalezza dalla poesia alla narrativa e per finire alla pittura, dove spazia dal figurativo al surreale, all’astratto. Ha partecipato a varie collettive in varie città della provincia di Messina e ha contribuito con la sua opera “Metamorfosi” alla realizzazione della II Biennale D’arte Città di Milazzo.
Dice di lei il suo maestro Mariano Parisi (Rioma): «Anna La Rosa, intensamente motivata, trasferisce se stessa nelle sue opere sviluppando figure che sono frutto di emozioni interiori. Ostinata a fare sempre meglio e di più, i suoi risultati sono conseguenza di una continua ricerca e i suoi numerosi tentativi di spaziare la portano all’esplorazione di varie tecniche e alla ricerca di sempre nuove espressioni volte a fare emergere il suo mondo interiore».
Racconti
1) L’uomo dei sogni; 2) L’edicolante; 3) La locanda; 4) Il Pesce Desiderio; 5) Lo gnomo; 6) Una storia diversa; 7) L’occhio; 8) Il pozzo canterino; 9) Il medaglione; 10) Il fiore di Milo; 11) Piede di banana; 12) Yhasmine; 13) Il vestito azzurro; 14) La coda dell’asino; 15) L’orologio.
Prefazione a cura di Angela Mogavero
“Diamanti e fango” è una raccolta di quindici racconti, dove la scrittrice Anna la Rosa delinea l’immagine di una società che sembra trarre la propria ispirazione da una sapiente unione di sentimenti che per magia si trasformano alternandosi tra bene e male. Questi racconti testimoniano il graduale passaggio della scrittrice dalla descrizione di un mondo essenzialmente borghese ad una visione sempre più concreta della realtà che la circonda con rituali, credenze e suggestioni sullo sfondo di personaggi incontaminati, uomini comuni che incontriamo ogni giorno svoltando l’angolo.
Ciò che colpisce il lettore è la dimensione spirituale degli avvenimenti narrati e non sono certamente lontani dal vero se si guarda allo loro essenzialità espressiva. Dall’abbagliante semplicità alla più umile realtà quotidiana, essi sono il frutto di sofferta meditazione sulla crisi di una società e di un costume lacerati nell’intimo dall’ipocrisia. Sentimenti dominanti sono la Speranza ed il senso profondo dell’Amore.
Il primo personaggio che ci presenta la scrittrice è “L’uomo dei sogni”, un uomo della strada, un mendicante, forse un angelo, lui che dormiva nella panchina del giardino, quell’uomo tanto bisognoso di aiuto, aveva lui stesso aiutato un bambino a trovare il coraggio, per affrontare la vita dopo la perdita del padre. In questo racconto il lettore viene come ipnotizzato, quasi si illude di pregare insieme a loro, con una Fede sconosciuta, per poi trovarsi a cercare dentro un sacchetto della spesa contenente un pugno di biglie colorate ed accorgersi che dentro quel sacchetto dimora il senso della Speranza… C’è chi spera di cambiare il corso degli eventi, c’è chi prende un treno sbagliato, quello che va dritto all’inferno e non sa che quello è un viaggio senza ritorno. Il protagonista del racconto “L’edicolante” è un uomo scriteriato, lui pensa di essere padrone della propria vita, ma si ritrova ad esserne schiavo perché presto si vedrà costretto a tenere aperta un’edicola di notte…
Nell’intraprendere scelte di vita dissennate, la sua forza ed il suo coraggio si trasformeranno in paura di mettersi in piedi per ricominciare nel giusto discernimento della propria esistenza. Fanno da sfondo il mistero della notte e un retrobottega che gli daranno la possibilità di mettere a tacere la sua anima perduta.
E dentro l’animo degli uomini, lo scorrere del tempo segna dei solchi, la giovinezza cede il passo all’età senile e non servono occhiali spessi per vedere che la signora con la falce è in fondo al viale. Contando tante primavere vissute, ne “La locanda” un gruppo di anziani, per abitudine si incontrano in questo luogo di ritrovo ed in compagnia scommettono su chi di loro sarà il prossimo a lasciare questa terra. Nei loro incontri, per scacciare la noia e la pigrizia, tra una sigaretta ed una risata, tra gli acciacchi dell’età ed il gelo che pervade le loro ossa e la loro anima, il tempo aveva giocato con la loro scommessa. Ora erano rimasti in pochi, ma ognuno di loro aveva portato con se la Speranza del domani, svegliarsi ancora per rivedere il sole…
Ed è il senso della Speranza, che alimenta l’immaginazione, intreccia i ricordi e intesse l’invisibile tela di un sogno. Spesso cerchiamo gli avvenimenti eccezionali lontano e non ci accorgiamo che stanno davanti a noi. Ne “Il pesce desiderio” quanto mistero! Una lenza, l’attesa di un pesce che non abbocca e tutta la situazione che assume le sembianze di un sogno.
Nel sogno di un bimbo il desiderio impossibile di far tornare indietro la nonna morta. Chi ha lasciato questa terra rimane nel cuore di chi lo ha amato, nell’impercettibile riflesso di un’immagine scolpita dentro il cuore… malgrado il vuoto che lacera l’anima, volgendo gli occhi al cielo, gridare “TI VOGLIO BENE” può risultare un moto liberatorio dell’anima alla ricerca di un pezzo di vita che è andato.
Perché tutto passa, l’alternarsi delle stagioni della vita, rivela il mutamento di tutto ciò che ci circonda compreso il proprio essere. Vorremmo essere come non siamo e pensiamo di diventarlo attraverso un sogno, magari quello di essere protagonisti di una fiaba a lieto fine dove vissero tutti felici e contenti, ma non tutti abbiamo pensato che essere un elfo non vuol dire vivere in una fiaba. L’amarezza di un corpo imperfetto, anzi diverso, sfocia nel bisogno di realizzazione. “Lo gnomo”, lo fa con una tela, dei colori per disegnare un mondo che non è il suo, quel mondo che lo deride e dal quale deve difendersi tutti i giorni con vani risultati, tanto da premeditare una vendetta che gli consentirà di andare avanti per la sua strada.
I sogni son desideri, ma non sempre i desideri possono realizzarsi… solo l’amore può fare miracoli trasformando i desideri in realtà. È Il viaggio di un nonno che nonostante le difficoltà quotidiane riesce a tirare il meglio dalla vita dividendolo con chi ne ha bisogno, dando rifugio a chi soffre il freddo e un piatto caldo a chi ha fame. Una bella eredità quale esempio di vita! Dare senza chiedere nulla in cambio. In “Una storia diversa” racconta la storia della sua vita vissuta, ricorda quel giorno al santuario di Tindari dove avvenne il miracolo delle Vergine Nera, lì si trovò a sera inoltrata senza accorgersene e per quelle strade buie piene di malfattori non sperava altro che trovare un posto dove ripararsi dal freddo e dalla fame….Il racconto è una testimonianza di come dal bene nasca il bene.
Non è certo amore, ciò che si osserva dentro un laboratorio sperimentale, dove “L’occhio” rosso di una telecamera vigila sulla gabbie di quelle cavie oramai fuggite. Da un laboratorio di analisi ci si può ritrovare in una stanza di ospedale, tra il bianco delle pareti e il bianco delle lenzuola. Non è dolore ma paura quella di un uomo nel delirio dopo un incidente, che rivede la figura di Paul, suo amico d’infanzia. Egli riemerge nella memoria per dargli la forza ed il coraggio di ritornare a vivere, la stessa forza che lui stesso aveva dato a Paul dinanzi alla confessione più amara che si sarebbe mai aspettato: la sua diversità. Ora pur essendo lontano, Paul è presente nella sua vita con l’amore che avevano sempre provato reciprocamente.
Ma non sempre chi vogliamo bene è presente nella nostra vita e non sempre è facile per un bambino di otto anni elaborare l’assenza della mamma, specie se a prendere il suo posto, viene qualcuno che di affetto non sa nulla. È proprio l’amore che muove la ruota della vita anche quando un sogno si tramuta in melodia, è un dolce canto che esce dal vecchio pozzo. “Il pozzo canterino” ci rivela che l’amore non muore!
Denominatore comune di tutti i racconti è l’amore, anche quando l’odio infuoca gli animi, ed alimenta la guerra. Case crollate sotto i bombardamenti, conservano al loro interno emozioni e sentimenti di chi le ha abitate, storie di vita vissute in luoghi ormai vuoti e silenziosi, mura diroccate e brandelli di quotidianità ricoperte di manti di nostalgia, dove spiragli di luce filtrano attraverso i ricordi. Se nel sogno la realtà sembra prendere forma e consistenza, ciò che ne rende essenzialmente veri i contenuti è il ricordo, un antico profumo, “Il medaglione” con la foto del padre…
Da un fiore può nascere l’amore, quel garofano bianco era “Il fiore di Milo”. Quello che quel triste giorno lui aveva lasciato sulla bara di sua mamma, suggellando così inconsapevolmente la loro amicizia. Era straniero Milo, i suoi occhi verdi gli ricordavano quelli della mamma morta, vicino al suo dolore era diventato indispensabile nella vita di quel bambino che non trovava più la sua dimensione. Ora che la mamma se ne era andata, la sua vita si era catapultata nel vuoto. Per uno strano destino anche Milo sta per perdere il padre che ferito vuole tornare per poter morire nel proprio paese, e parte con la sua famiglia verso le sue origini. I due si perdono per ritrovarsi poi, in un legame inalterato nel tempo.
Ancora una volta il sentimento dell’amore gioca il suo ruolo dominante e l’evolversi della vicenda induce ad una riflessione spontanea: l’assenza di amore, accompagnata dalla sete di potere, destabilizza la crescita materiale e spirituale di ogni essere umano. “Piede di banana”, erede di un grosso patrimonio derivante da affari poco leciti, è Alfredo, un giovane goffo ed imbranato che aveva studiato Teologia. Quei suoi studi non erano bastati a dargli la consapevolezze di essere un individuo pensante e dopo la morte del padre si sentiva solo ed incapace di affrontare la vita nelle sue avversità. Ma sarà la vita stessa a fargli da maestra quando si troverà da solo a sgominare una banda di truffatori.
In un mondo contaminato da sentimenti mascherati di ipocrisia, di cattiveria, di crudeli pregiudizi razziali, diversità di cultura e di religione, la paura strazia l’animo di “Yhasmine”. La giovane studentessa pakistana decide di andare in chiesa la notte di Natale assieme ai suoi compagni, forse per conoscere un mondo nuovo. Lei sa di dovere affrontare il dolore dei giudizi e dei maltrattamenti di tutta la sua famiglia. Sarà l’amore di un uomo italiano che le restituirà il diritto di esistere portandola lontana dai pregiudizi.
Quante emozioni sono passate attraverso la scala di una vecchia casa circondata da un vasto cortile! L’allegro vociare dei fanciulli fa eco tutto intorno, l’uomo che vendeva la frutta, quello che vendeva i detersivi, movimentano ancora il dolce paesaggio dell’infanzia che è rimasto indelebile nell’anima. Ne “Il vestito azzurro” la protagonista del racconto rivive la sua infanzia attraverso la nipotina in un’altra stagione di vita. La piccola ora indossa Il vestito azzurro che era stato suo, quello della festa, quello che regala l’incantevole ricordo della mamma che lo ha cucito. La consapevolezza che l’infanzia è passata, lascia spazio ad un’unica realtà: il ricordo.
Qualsiasi paesaggio, nel buio della notte diventa triste ed oscuro, specie quando imperversa il temporale. “La coda dell’asino” è un paesino di poche case e ancor più pochi abitanti. Devastato dalle piogge torrenziali, rimane isolato dal resto del mondo con le difficoltà dei pochi a potervi sopravvivere. Forti folate di vento fanno di quel paesino tranquillo un incubo vissuto a lume di candela dove il buio della notte nasconde vicende altrettanto oscure. Al lume di candela si alternano la vita e la morte. Tra i personaggi movimentati dalle difficoltà dell’isolamento si nasconde un assassino.
Ne “L’orologio” ritorna l’amore insostituibile del nonno. È l’unica speranza del protagonista quella di potere parlare con lui, per essere compreso da quell’uomo, l’unico ad averlo amato veramente, ad averlo ascoltato e compreso. Ma il nonno sa di essere alla fine del suo viaggio e la presenza del nipote lo rinvigorì al punto di non voler perdere altro tempo, e con coraggio gli aveva raccontato una storia, la storia della sua famiglia. Oltre ad un bagaglio di insegnamenti, ricordi ed emozioni, gli consegnerà anche il suo orologio, quello che Marco aveva visto tante volte da bambino. Dentro di esso si nascondevano due eredità: la prima era l’importanza del tempo e l’impegno di caricarlo senza farlo mai fermare, la seconda era un codice segreto per entrare in possesso di un patrimonio che sarebbe spettato ai figli se loro lo avessero amato come aveva fatto il nipote.
Per dare voce alla sua estrema sensibilità, Anna la Rosa, raccoglie in questo volume, storie di vita vissute ed inventate nascondendo sapientemente un intimo tormento. Attraverso i diversi scenari familiari, trapela la sua sofferenza nella visione di un mondo sempre più povero di valori, da qui lo sconforto, lo smarrimento, la paura, stati d’animo comuni a tutti i personaggi che popolano questa raccolta; ci si scontra con la solitudine,la povertà, l’ipocrisia che spesso accentua la fatica di vivere, talvolta si ha la sensazione che la vita si tramuta in uno scontro perdente con la sorte beffarda, ma è proprio da questa visione pessimistica, intrecciata con le maglie della memoria che si delineano nuovi orizzonti illuminati dalla Speranza. È prepotente la forza con la quale la scrittrice riesce a velare ogni sorta di romanticismo in un mondo che non le appartiene, dove attraverso i suoi personaggi, ognuno con il proprio ruolo, rivela i suoi stati d’animo, in un mondo dove il confine tra realtà e sogno diventa vago e labile, lei conduce un pesante bagaglio, quello dei ricordi, in cui mille stralci di memoria servono ad ancorarla sempre più profondamente alle sue radici, dalle quali continua a trarre linfa vitale per guardare al domani!