“Impronte da ricordare” di Angeletta Ferrara

10,00

POESIA | Collana “Orme di poesia”

Pagine: 116
ISBN: 978 88 6300 232 4
Edizione: luglio 2021
Euro: 10,00
Formato: 14,8×21 cm
Rilegatura: brossura fresata a folio

Prefazione del Prof. Giuseppe Anania

 

In una società in cui si vive con il video di uno strumento tecnologico davanti, leggere una scrittura poetica diventa sempre meno frequente. A tal proposito il grande poeta russo Josif Brodski sottolinea: “C’è un delitto di bruciare i libri, ed è non leggerli”.
Eppure, ciò non fa desistere Angeletta Ferrara dal pubblicare, da debuttante, la sua prima silloge con il titolo referente Impronte da ricordare enucleato dal testo “Che vuoi che sia” (p. 15).
Ella dimostra di sapere che la poesia accade nell’animo in un rapporto sinergico con l’esterno, cioè con lo spazio. Infatti, per lei lo spazio è costituito dalla natura, dal paese, dalle vie, dai torrenti, dai campi e da altro. Tali paesaggi inquadrano, inglobano figure che si giocano la vita nei relativi aspetti atti a fare da sfondo.
Al lettore non può non sfuggire che il dire poetico della nostra non ha steccati, non infinge, in quanto esso scaturisce da esperienze da lei vissute direttamente o indirettamente con la realtà, la propria realtà, la quale è carica di elementi fondanti che le fanno accendere stati d’animo di varia tipologia.
Ella scrive a partire da immagini concrete di paese, da ricordi della propria infanzia, e non solo, da cui procede finché non incontra la poesia e la relativa armonia del linguaggio. Il lettore viene, quindi, calato nella sinergia di scrittura-vita, poiché lei legge, assimila e comunica la realtà con vivo trasporto.
Se il paese per Cesare Pavese: “vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei, resta ad aspettarti” (La luna e i falò), per Angeletta Ferrara esso è: “il vociare della gente negli orti,/ le risate dei bambini che scorrazzano per le vie./ Quando arrivo il cuore si rallegra;/ogni cosa sembra sorridermi e,/ immersa nei ricordi dell’infanzia felice,/mi ritrovo bambina” (p. 11). Sono versi intrisi d’amore verso le radici locative che costituiscono il sangue nelle vene dei ricordi incancellabili di qualcosa assente-presente. Sono cifre affettive espresse con vibranti pulsazioni liriche. Al lettore non possono non sfuggire diversi rimandi alle radici, perché la poesia è anche identità con la vita.
Numerose, infatti, sono le tematiche trattate dal 2 agosto 2014 al 26 novembre 2018, un periodo fecondo connesso al dire poetico della nostra debuttante autrice.
Ella, tra l’altro, nel testo “Poesie” confessa: “Strani mondi le parole,/sono come lunghi sentieri/ci entri, ti perdi/ e dai voce ai pensieri,/ poi respiri, ti allontani/con mente vagante/e riempi spazi infiniti/…” (p. 58). Ella paragona le parole a lunghi percorsi su cui si snodano pensieri e respiri che rappresentano pienamente la vita. Come il lettore può notare, la nostra incontra, elabora le parole, infondendo in esse un’adeguata forza per collegarle ai propri umori, ai propri moti dell’animo in linea con le circostanze, con gli eventi dai quali scaturiscono, quali flussi di acqua viva, i versi espressi con un linguaggio fresco e pregnante.
Il mondo, che circonda la nostra, non solo è oggettivamente reale, ma è anche fonte di ispirazione poetica, divenendo così diverso dall’esperienza primigenia. Il lettore può vedere in tal modo come l’esperienza di Angeletta Ferrara sia il risultato di una mistura di sentimenti che alla fine quasi quasi nemmeno lei sa che sta comunicando. La stessa rimane e fa rimanere stupito il lettore di quanto ha cantato. Ella, infatti, focalizza gli elementi più significativi, li seleziona, li mette insieme, creando relazioni e risonanze che rendono il testo ancora più efficace e musicale.
Se l’attento lettore riesce a stabilire un armonico rapporto tra lui e lei, si accorge che ogni testo possiede una propria particolare vita, una propria visione e una differenza tra il mondo che gli appare e quello creato e rappresentato dallo stesso dire poetico.
Angeletta Ferrara, infatti, conduce, guida con sottigliezza il lettore attraverso il proprio mondo rappresentato, per esempio, dal paese, dai momenti della giornata, dalle stagioni, dai sentimenti di figlia verso gli amati genitori, dal tempo che fugge, dalla storia umana, dalla propria fragilità, dal pianeta della donna e da altro.
Il lettore, alla fine di questo viaggio, si accorge che accanto a lui rimane sempre Lei dinamica e pugnace dopo tante vicissitudini, dopo tanta nostalgia, dopo tanta illusione e delusione, dopo tanta curiosità per la realtà vicina o lontana. In effetti, la nostra ama passeggiare attraverso il proprio mondo, concependo che la poesia e la realtà sono due poli complementari e non antitetici. Del resto, ella confessa al lettore: “Son guerriera/ e non mi arrendo,/ degli affanni non mi spavento,/non ho armi a farmi strada/ e non mi fletto a inchini,/ la mia spada è l’eleganza/ l’umiltà il mio bastone” (p. 13).
Da tutto ciò, e da altro, il lettore può dedurre che si trova davanti a un’autrice la quale mediante una personalità ben definita si affaccia al non facile panorama della poesia con umiltà e con eleganza. Ella, peraltro, ancora ha parecchio da esprimere con testi poetici che potranno lasciare di sé altre “impronte da ricordare”. Infatti, il proprio fare poetico è in continua ebollizione sotto il profilo dei contenuti e del linguaggio da tenere sotto controllo per vedere quali significati assumeranno le parole una volta riemerse alla luce. Quindi, la nostra è un’altra poetessa da scoprire e da tenere in debita considerazione, perché scrivere fa parte della propria vita nel quadro sia della profondità dell’introspezione sia dell’attenta oggettività della descrizione.
A conclusione della presente ermeneutica, piace citare il grande poeta Robert Frost il quale sottolinea che la poesia provoca “una ferita immortale”, nel senso che, bene metabolizzata, lascia nondimeno qualche segno da ricordare.
Del resto, ogni poeta si misura sempre con tale segno da lasciare soprattutto nel lettore convinto che la poesia non debba perdere mai di peso. Nonostante tutto.

 

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